Rinnovamento cattolico
(sec. XVII-XVIII)
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SZELEPCSÉNYI
GYÖRGY (Szelepcsény 1595 ca. – Lõcse in Slovacchia 1685
o 1688)
Ritratto del Cardinale
Péter Pázmány
1637
incisione in rame
cm 21x13
Esztergom, Museo Cristiano,
inv.n.: 2320.
Ritratto ovale a mezzo busto
con una iscrizione in latino nella cornice. L’autore è György
Szelepcsényi noto incisore in rame, che prima fu discepolo poi successore
nella sede di Esztergom dell'Arcivescovo Péter Pázmány
(1570-1637). In segno di riconoscenza realizzò il ritratto a mezzo
busto del suo patrono.
György Szelepcsényi
studiò a Roma. Prima fu Vescovo di Veszprém poi di Nyitra,
dal 1657 Arcivescovo di Kalocsa, poi dal 1666 di Esztergom.
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L'imperatore Carlo VI
conferisce il titolo di principe imperiale al primate d'Ungheria, 9 dicembre
1714
Originale, mm 550x380, quaderno
ms. in pergamena rilegato in velluto rosso. Sigillo in cera rossa, pendente
su un cordoncino di seta in oro, mm 142; compreso anche l'astuccio in legno,
che protegge il sigillo, mm 185.
Esztergom, Archivio del Capitolo,
Lad. 49. Sine fasciculo et numero.
Sul sigillo vi è lo
stemma asburgico. E’ circondato dall’insegna del Toson d’oro. In cima allo
scudo, sotto la corona imperiale austriaca, l'aquila bicipite. Iscrizione
circolare: CAROL(US) . VI . D(EI) . GRATIA . ROM(ANORUM) . IMP(ERATOR)
. S(EMPER) . A(GUSTUS) . GER(MANIAE) . HISP(ANIAE) . HUN(GRIAE) . BOH(AMIAE)
. IT(E)R(UM) . SIC(ILIAE) . HIER(USALEM) . ET . INDIARU(M) . R(E)X . ARC(HI)D(UX)
. AUS(TRAE) . D(UX) . BURG(UNDIAE) . BRA(BANTI)E . MEDIOL(ANI) . PR(INCEPS)
. SUEV(IAE) . CATAL(ONIAE) . MAR(CHIO) . S(ACRI) . R(OMANI) I(MPERII) .
COM(ES) . HABS(BURGI) . FL(ANDRIAE) TYR(OLIS).
Carlo III, re d'Ungheria,
(VI come imperatore del Sacro Romano Impero), dietro richiesta del Primate
d'Ungheria, Cardinale Ágost Keresztély, principe sassone,
e in considerazione dei suoi meriti, gli conferì il titolo di principe
del Sacro Romano Impero da trasmettere ai suoi successori, nella sede di
Esztergom. Questa elevazione al rango di principi degli Arcivescovi di
Esztergom venne codificata anche dall'Assemblea Nazionale del 1715. Ágost
Keresztély era in realtà già principe sin dalla nascita.
In seguito, quattordici primati (per ultimo il Cardinale József
Mindszenty) poterono inserire nei loro stemmi la corona principesca, finché
papa Pio XII nel 1951 proibì a tutti i prelati della Chiesa l'uso
di titoli e di ranghi laici. |
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Vergine
Hodigitria
da Hodász (nella
regione di Szatmár), 1787
tempera su legno
cm 88x60x10 (con cornice
originale)
Nyíregyháza,
Collezione di Arte Sacra Greco Cattolica, Inv.n.: L.13.
L'icona, una volta, si trovava
nella prima fila di una iconostasi, secondo il canone, al lato sinistro
della porta liturgica centrale, la cosiddetta Porta Reale. La raffigurazione
della Vergine Hodigitria, la Beata Vergine, patrona dei viandanti che indica
la Via, è perciò Maria che addita il bambino che tiene in
braccio, Cristo, l'unica Via della salvezza. Fra i tipi iconografici che
raffigurano la Genitrice divina, questo è uno dei più diffusi;
secondo la tradizione il prototipo fu dipinto da San Luca. Il maestro provinciale
di questa icona si attiene fedelmente alla tradizione figurativa plurisecolare.
Secondo la pratica d'epoca della pittura iconografica postbizantina della
regione dei Carpazi la raffigurazione appare davanti ad uno sfondo ornamentale,
dorato.
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OREFICERIA UNGHERESE
Artoforio di Grábóc
verso il 1760
Argento, applicazioni dorate,
h. cm 54
Szentendre, Museo della
Chiesa Serba
Il monastero ortodosso serbo
di Grábóc, consacrato all'Arcangelo Michele, venne fondato
nel 1585, al tempo del dominio Turco da religiosi della Dalmazia. Come
unica comunità di religiosi ortodossi nella regione del Transdanubio,
in Ungheria, nel corso del sec. XVII si sviluppò e divenne un significativo
centro intellettuale. Raggiunse il suo splendore solo nel sec. XVIII, dopo
la cacciata dei Turchi, quando sulle fondamenta della chiesa precedente
ne venne costruita una in stile barocco, ad una navata, con una torre centrale
sulla facciata ed una cupola. Quando, verso il 1760, i lavori di costruzione,
di grande portata, terminarono si presume che su espressa volontà
e in base alla mediazione della comunità monastica, in uno sconosciuto
atelier di oreficeria ungherese, venisse ultimato questo artoforio che
in una maniera caratteristica vuole imitare le forme architettoniche della
nuova chiesa monastero. L’artoforio è infatti la versione bizantina
del nostro tabernacolo e viene posto sull’altare per la conservazione del
Pane eucaristico. L’artoforio di Grábóc è a forma
di chiesa ed è costruito in argento con applicazioni dorate, secondo
una della caratteristiche dell'arte barocca; è sostenuto da quattro
angeli che da un lato svolgono un ruolo funzionale di sostegno, dall’altra
simboleggiano il ruolo di portatori del Pane divino. Attenendosi alla struttura
di base della chiesa monastero di Grábóc che rispecchia anche
reminiscenze tardobizantine, sui lati dell’artoforio sono stati applicati
elementi che ricordano finestre e porte con grate riccamente lavorate,
attorniate con un nastro a rete filigranata. A queste applicazioni lavorate
in svariati modi, sulla parte della facciata della chiesa, si collegano
motivi architettonici di semplice fattura, mettendo così in rilievo
la struttura ad una navata e le esili, snelle forme dell’artoforio. Allo
stesso tempo, la sua struttura inferiore compatta viene resa dinamica dall’alto
campanile e dalle due torri con le cupole a bulbo, le cui strutture differiscono
lievemente dalle soluzioni architettoniche originali della chiesa monastero
di Grábóc. Al tempo dell'esecuzione dei questo artoforio,
l'arte sacra serba delle zone adiacenti al Danubio, allontanandosi dalle
sue caratteristiche medioevali e tardobizantine, si orienta in un modo
sempre più marcato verso l'arte barocca, di cui questa opera d’arte
è un ottimo esempio. |