Gotico fiorito e Rinascimento (1300-XVI secolo)


 
 
 

 

ATELIER DI BUDA
Messale di re Mattia Corvino
Buda 1488  1489
Pergamena, mm 351x252, ff. VII (calendario), ff. 233(messale)
Testo in scrittura gotica in inchiostro nero rubricato in rosso, iniziali in oro, azzurro e miniate a motivi floreali e a istoriato. 
Due miniature a piena pagina (ff.1., 104v.); sul frontespizio: stemma di Mattia Corvino entro un cerchio di perle e distanziali in oro; grandi iniziali con raffigurazioni istoriate, in oro con colori opachi, ricchi marginalia in vari tipi di decorazione, floreali, fitomorfe, su fondo nero, etc.
Legatura più recente in velluto marrone con risguardi in seta cerise.
In posizione aperta: grande miniatura a piena pagina con la Crocifissione e stemma di Mattia Corvino (f. 104v.); nella iniziale T (e igitur) l’Uomo dei dolori fra marginalia con stemma di Beatrice d’Aragona e ritratto laureato di Mattia di profilo entro corona di alloro (f. 105r.).
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Urb. Lat. 110.

Il manoscritto venne realizzato per re Mattia I nel laboratorio di miniature di Buda. Su vari fogli del codice si trovano i suoi stemmi, oppure sui marginalia elementi araldici, come il corvo e la croce a doppia traversa (ff. 1r., 104v., 105r., 149r., 188v.). Poiché su alcuni fogli (ff. 108r., 149r., 188v.) lo stemma ungherese viene raffigurato inquartato con quello austriaco (bande rosso-bianco) con sovrapposto lo scudetto contenente l’impresa del “corvo”, il codice deve essere stato eseguito dopo l’occupazione di Vienna da parte di re Mattia. Pertanto il termine post quem per la sua stesura è l’anno 1485. Il codice, oltre al Calendario, contiene anche il Missale romanum plenum. Hevesy suppone che si tratti di un messale francescano dato che un ottavario è dedicato a San Francesco. Questa ipotesi viene rafforzata dal fatto che la ricorrenza della festa di San Luigi nel calendario è rubricata in rosso. E’ probabile che questa commissione del re sia stata fatta per i Francescani anche perché è ben noto che re Mattia appoggiò l’Ordine, anzi, è certo che fu lui a commissionare un altro Messale sempre per i Francescani (Biblioteca Apostolica Vaticana, Ross. 1164). 
Il codice è un ottimo esempio del fatto che nell’ atelier di miniature di Buda di re Mattia i codici già esistenti venivano usati come modelli. Il nastro inquadrante ornato da pietre preziose che corre sul fondo pagina e sul lato destro del frontespizio (f.1r.) è ripreso da un messale di Mattia che era stato preparato nella bottega di Attavante (Bruxelles, Bibliothèque Royale, ms. 9008). Il laboratorio di Buda dal punto di vista stilistico generale non si orientò verso Firenze, bensì verso le officine lombarde. Una delle fonti stilistiche più importanti è l’attività svolta a Buda dal miniatore che si contrassegnava come Franciscus de Castello Ithalico de Mediolano; ciò è dimostrato in modo eclatante da due sfarzosi codici che vennero realizzati nel 1481 presso la Cancelleria di Buda (cfr. Matthias Corvinus und die Renaissance in Ungarn, 1488-1541, cat. a cura di Stangler, G., Csáky, M., Schallaburg bei Melk 1982, nn. 414, 415), di cui uno è il Breviario, riccamente ornato, del Prevosto di Székesfehérvár, Domonkos Kálmáncsehi (Budapest, Biblioteca Nazionale Széchényi, Cod. Lat. 446), nel quale in due luoghi troviamo la sua firma. Nei numerosi codici fatti a Buda, come il Breviario e il Messale del Prevosto (New York, Pierpont Morgan Library, G. 7), datati con l’anno 1481, oppure nel nostro Messale, possiamo trovare elementi del suo stile e del suo repertorio di motivi ornamentali (ad es. i fiori sparsi sulle bordure a ff. 105r., 108r.). Anche già Hevesy si meravigliava della somiglianza dell’iniziale “A” composta da elementi architettonici e dalla cornucopia, in cui si vede Davide in preghiera (f.1r.) e una miniatura di Cristoforo de Predis. Anche la Crocifissione che si trova a f. 104v., può essere ricondotta ad un prototipo lombardo, come dimostra anche una scultura del Monastero del Sacro Monte a Varese (in Rassegna d’arte, 1906, p. 160). Lo stile realistico delle miniature rende chiara la loro genesi a Nord delle Alpi, cosa confermata anche dalle raffigurazioni di città nello stile fiammingo, visibili in una maniera assai analoga in un Graduale fatto per Mattia Corvino (Budapest, Biblioteca Nazionale Széchényi, Cod. Lat. 424). Un parallelo degli ornamenti a rami, riscontrabili sul f. 188v. si possono trovare sulla coperta del Graduale. Quest’ultimo realizzato a Buda senza alcun dubbio, conserva degli influssi fiamminghi che non si trovano in altri codici. Le delicate foglie d’acanto dinamicamente disposte, visibili nelle bordure del frontespizio e della Crocifissione, come anche le lumeggiature in oro sulle rocce e sugli abiti della miniatura di Davide in preghiera (f.1r.), fanno intuire che le illustrazioni del codice sono state influenzate anche dalla seconda ondata lombarda legata al nome del miniatore Magister Cassianus (Codice Cassianus, Parigi, Bibliothèque Nationale, Ms. La. 2129).

MANIFATTURA UNGHERESE
Casula dell’Arcivescovo Kutassy
1500 ca.
ricamo ungherese, broccato veneziano in seta gialla, filo d’argento e filo dorato 
cm 127x74
Esztergom,Tesoro della Basilica, inv.n.: 64.299.1.

Realizzata in broccato di seta gialla con motivi a girali in argento e melograni in filo dorato. Nella croce sotto edicole, formate da colonnine tortili e una triade di cupole tonde si trovano le figure intere della Vergine col Bambino, Santo Stefano, San Ladislao e Sant’Emerico. Sui bracci della croce, a mezzo busto le figure di San Gellért, vescovo di Csanád con in mano il suo attributo abituale, la chiesa, e San Girolamo, che a causa della sua origine dalmata spesso venne considerato come se fosse un santo ungherese. La casula fu realizzata verso il 1500; l’ arcivescovo János Kutassy la acquisì quando era ancora Vescovo di Gyõr. Nel 1579 divenne Arcivescovo di Esztergom, morendo nel 1601. La presenza in posizione laterale sul fondo del suo stemma, piuttosto piccolo, fa capire che esso fu aggiunto in un momento successivo alla confezione del parato.

DOMENICO DA SUTRI  (Sutri, vicino Viterbo, attivo a Roma fra il 1493  1513), BERNARDO DI SER SILVANO (notizie fra il 1508  1515)

Spada d'onore di Ladislao II, (Ulászló), re d'Ungheria

Roma 1509
Acciaio fresato, argento dorato, smalti; cintura in broccato d'oro tessuto
Lama cm 158,2; lunghezza della barra dell’impugnatura cm 43; lunghezza della cintura cm 227; larghezza cm 5,7
Budapest, Museo Nazionale Ungherese, Armeria, Inv.n. 55.3235.

La larga guardia a barra dell’elsa in argento dorato è formata da due delfini la cui coda si arriccia e si conclude nelle due ghiande araldiche dei Della Rovere. La lunga impugnatura è ornata invece da foglie d'acanto, mentre il grande pomo discoide terminale è abbellito da smalto blu. Da una parte della lunga lama a doppio taglio vi è la figura di San Pietro mentre dall'altra quella di San Paolo, Patroni della Chiesa Romana. Su ambedue i lati della lama si legge: «JULIUS II. PONT. MAX. ANNO VII.» che indica l'anno 1509 come data di fabbricazione. Il testo è seguito dall'incisione della figura araldica della quercia della famiglia Della Rovere, stemma di Papa Giulio II che fu il donatore della spada. Il fodero, di argento dorato traforato, è ornato da un motivo a candelabra composto da delfini, maschere grottesche e foglie di acanto. Sulla piastra di smalto, all'imbocco del fodero, appare di nuovo, a smalto policromo, lo stemma papale dei Della Rovere. Il disegno della meravigliosa cintura in broccato d'oro, appartenente alla spada, è formato dalla figura araldica dei Della Rovere e dalla tiara papale con le chiavi decussate. Questi motivi sono congiunti da ornamenti fitomorfi. La fibbia d'argento dorato della cintura è ornata da rosette gotiche. 
La spada che fu benedetta durante la terza Santa Messa di Natale venne consegnata dal legato papale a re Ladislao II nell'estate del 1510 a Tata. Le spade consacrate venivano donate dai papi ai difensori della Chiesa e della Cristianità dopo essere state benedette la notte di Natale.
Questa spettacolare spada da parata è una delle spade papali più antiche e uno dei più squisiti manufatti di armeria dell’intero Rinascimento. Domenico da Sutri, conosciuto anche con il diminuitivo di Menico fu un famoso orafo romano che lavorò per diversi pontefici. Era già autore, assieme a suo padre Michele, di un gruppo di sculture dorate raffiguranti i dodici Apostoli poste nella Cappella di Papa Alessandro VI. Sui documenti è qualificato come “aurifex in Urbe”. Nel 1493 realizzò una rosa d’oro e una spada d’onore inviata all’Imperatore Massimilano d’Asburgo. Fra il 1504 e il 1511 riceveva uno stipendio di 4 ducati d’oro al mese come orafo pontificio per Papa Giulio II. Il 15 dicembre 1507 ricevette un mandato di 25 ducati per la doratura di una “spada” pontificia. Fra i suoi lavori ci rimane il terzetto di spade molto simili fra loro consegnate da Papa Giulio a Giacomo IV di Scozia, (conservata a Edimburgo), al Cantone di Zurigo (conservata al Landesmuseum) e a Ladislao II (Sulla spada svizzera cfr. Godoy, J. A., in Hoch Kunst und Kultur Renaissance im Rom der Päpste, I, im Vatikan 1503  1534, catalogo di mostra, Bonn 1999, p. 440). Questa spada fu pagata 207 ducati. Bernardino di Ser Silvano, dai mandati camerali dei Sacri Palazzi Apostolici, fra il 1508 e il 1515 risulta ricevere lo stipendio di 6 scudi come pesatore della zecca (su di loro cfr. Bulgari, C., Argentieri gemmari e orafi d’Italia, Roma, Roma 1980, 1. s.v.).
Ladislao II della casata polacca degli Jagelloni regnò in Ungheria dopo Mattia Corvino, dal 1490 al 1516. Sotto l’incalzare del pericolo turco Giulio II gli inviò questa spada per fare di lui il campione della difesa europea. La dinastia era tuttavia votata alla sconfitta. Suo figlio Luigi II infatti perse la vita sul campo di Mohács il 29 agosto 1526, nell’ultima strenua difesa contro i Turchi dell’Ungheria, la cui parte non invasa fu prontamente incamerata dall’Austria.

ANONIMO SCULTORE TRANSDANUBIANO
Maria con Gesù Bambino da Tüskevár (?)

1460 - 1470
legno di pioppo, policromo e dorato
h cm 133,5
Provenienza: probabilmente pervenne dai ruderi del chiostro dei monaci paolini di Tüskevár alla collezione Darnay di Sümeg, poi al Museo Balaton di Keszthely; tramite uno scambio nel 1938 pervenne al Museo di Belle Arti di Budapest, da dove passò in proprietà della Galleria Nazionale Ungherese di Budapest 
Budapest, Galleria Nazionale Ungherese, inv.n.: 52.640.

In base ai residui dei colori medioevali, scoperti durante i lavori di restauro del 1994 - 2001, presso la Galleria Nazionale Ungherese (restauratrici Hernády Menráth, Sz., Laurentzy, M. e Kázik, M.), si sono potuti identificare i colori originali della statua: Maria aveva uno sfarzoso mantello d'oro con fodera blu e, sotto un abito dorato, una sottoveste rossa. La colorazione dei corpi si è conservata abbastanza bene. Il dorso della scultura è profondamente scavato, facendo pensare che la statua probabilmente era sistemata in un tabernacolo. Le origini da Tüskevár della Madonna non possono essere né provate né smentite. Alla fine del sec. XIX pervenne nella proprietà di Kálmán Darnay, esperto d'arte, che svolse anche scavi archeologici nel Transdanubio. Secondo la tradizione familiare fu lui a trovarla assieme ad un'altra Madonna più antica (ed oggi nella Galleria Nazionale Ungherese, inv.n.: 58.27.M), tra i ruderi del chiostro dei monaci paolini di Tüskevár-Nagyjenõ. Le maggiori affinità di stile di questa Madonna, che è considerata dalla critica una delle statue più belle prodotte fra il 1460 e 1470, le troviamo nella scultura di Salisburgo del sesto decennio del ‘400. Il corpo della Madonna è inclinato leggermente in modo sinuoso, il volto è allungato e molto fine; altre caratteristiche sono il movimento della mano destra che tiene lo scettro, la figura di Gesù Bambino e soprattutto lo stile delle pieghe, il drappeggio ai lati profondamente scolpito che scende in pieghe parallele a grandi archi, nel centro ripetutamente piegato in linee angolari e sulla base inclinato con più dolci pieghe. Questi dettagli stilistici appaiono anche sulla Madonna dell'altare maggiore della chiesa parrocchiale di Kitzbühel, come anche sulla statua di Maria nel Museum Carolino Augusteum di Salisburgo (inv.n.: 164/32.) e infine anche sulla Madonna originariamente a Tamsweg. Su quest'ultima raffigurazione l'arco della falce della luna e il volto visibile in basso sono molto simili. Rientrano in questo contesto anche le statue di San Nicola e di San Giorgio del Museo di Salisburgo (inv.n.: 114/42.). Per quanto riguarda l'Ungheria, affini alla Maria di Tüskevár sono soprattutto la Madonna della chiesa di San Michele a Sopron (che ha affinità con le statue di Salisburgo, più recenti di dieci anni) e in un senso più ampio anche il busto della Madonna della chiesa di Dozmat e la Maria della chiesa di Ják. 

ARTE ORAFA DI TRANSILVANIA
Calice di Benedek Suky
1440 ca.
argento dorato, smalto 
h cm 27,2
Esztergom, Tesoro della Basilica, inv.n.: 64.21.1.

Questo splendido calice gotico, realizzato nella tipica cromia a smalto in uso nella Transilvania, ha il pregio di non aver mai subito alterazioni. In trenta piccole edicole ad ogiva ribassata sono inserite microsculture di santi e di angeli. Sul calice si trovano 6 medaglioni a rilievo con fondo in smalto blù contenenti scene della vita di Cristo e in caratteri gotici minuscoli: “Ave vas clemecie … “. Tutte le campiture del calice sono decorate da un prezioso motivo floreale su fondo blù, realizzato con smalto a goccia. Sull’alto piede polilobato, anch’esso decorato da minuscole edicole e smalti, si trova lo stemma e  l'iscrizione relativa alla donazione: “calice istu fecit fieri benedictus de swk nobilis transilvanus p ipm q huic eclie co donatus”. (Questo calice venne fatto fare e donato a questa Chiesa da Benedek Suky nobile transilvano). Benedek Suky, figura tra i nobili transilvani nel periodo 1437-1439. Fu lui a donare un calice alla Cattedrale di Gyulafehérvár (=Alba Iulia in Romania). Ai tempi delle persecuzioni dei cattolici il Vescovo István Ilosvai lo portò, nel 1557, a Nagyszombat (=Trnva in Slovacchia), dove era stata trasferita la sede dell'Arcivescovado e il Capitolo di Esztergom.


 
sec. X-XIII
Prima pagina
 L’Ungheria tripartita
(1526 - sec. XVII)
Rinnovamento cattolico
(sec. XVII-XVIII) 
sec. XIX-XX.